Mi avevano turbato i quaderni di Lila. Ogni parola mi rimpiccioliva. Ogni frase, anche quelle scritte quando era ancora una bambina mi sembrava svuotassero le mie, non di allora, ma di adesso.
All'improvviso mi resi conto che tutta la mia vita era un "quasi". Ce l'avevo fatta? Quasi. Mi ero strappata a Napoli e al rione? Quasi. Avevo amiche e amici nuovi, che venivano da ambienti colti? Quasi. Di esame in esame ero diventata una studentessa ben accolta dai professori che mi interrogavano? Quasi.
Dietro tutti quei quasi, mi sembrò di vedere come stavano le cose. Avevo ancora paura e sentivo che da qualche parte, Lila, come sempre, era senza "Quasi".
Elena Ferrante, Storia del nuovo cognome
Sotto al mio letto c’è una scatola ricoperta di tessuto rosso, il coperchio si deve essere perso in uno dei miei attacchi di ordine, evidentemente l’avrò eliminato un giorno in cui non mi dava gioia. La scatola invece è rimasta, sopravvissuta a traslochi, riorganizzazioni delle stanze e convivenze, continuando a custodire pazientemente delle possibilità che io non mi permettevo di darmi.
Gli unici quaderni belli che sono riusciti, in tempi diversi, ad uscire dalla scatola sono stati quelli destinati alla scrittura dei diari. Alcuni di questi addirittura si sono meritati di essere comprati e subito iniziati, senza nemmeno dover affrontare il periodo liminale di permanenza sotto il letto.
Poche cose mi fanno arrabbiare come il pezzo in cui, nel secondo volume della quadrilogia dell’Amica Geniale, Lenù butta nel fiume i diari che Lila le aveva affidato. Forse perché molto spesso ho pensato di farlo con i miei ma mai con le parole di qualcun'altra e questo è un nodo che ancora non riesco a sciogliere. Dare valore a quello che faccio così come riesco a riconoscerne a quello che fanno gli altri, i cari altri.*
Il primo diario che ricordo aveva una copertina di Lupo Albero e un lucchetto dorato abbinato a una coppia di chiavi identiche tenute insieme da un anellino. L’avevo iniziato poco dopo aver imparato a scrivere e mi ci impegnavo serissima ogni sera, componevo delle letterine di resoconto ordinato delle mie giornate, congedandomi sempre con la promessa di scrivere il giorno seguente e la mia firma svolazzante. Poi sono arrivati i veri segreti delle scuole medie, le delusioni di amicizie finite senza che ne capissi i motivi, le prime lunghe liste di cose da tenere sotto controllo, i primi segni di un malessere che mi sarei portata dentro a lungo.
Del liceo conservo delle monumentali Smemorande istoriate ripiene di citazioni di gente morta, canzoni di Brian Molko e Carmen Consoli, le pagine gonfie di biglietti del treno, bustine di tè, cartoline, locandine del cinema piegate in quattro. Dei diari di quegli anni ricordo soprattutto il bisogno di confermarmi a parole di essermi presa una vita tutta mia, dei gusti, delle opinioni, delle relazioni, dei piani grandiosi e molto confusi per il futuro.
Quello che rileggo più spesso è il diario che ho iniziato l’estate dei miei 29 anni, insieme al percorso di analisi. É stato testimone di un periodo di rotture e dolori curati con l’esilio in una casa di campagna in cui cadevano scampoli di soffitto ad ogni passo, ma che ha rimesso insieme molti più pezzi di quelli che io ho visto franare. È un quaderno dalla copertina verde acqua con le pagine bianche fatte in una fibra ricavata dalla pietra, mi sembrava una bella idea che fossero a prova di lacrime post seduta.
Lo rileggo perché mi piace come sono riuscita a parlare di me e del mondo in alcune di quelle pagine, in quel modo senza censura che ci permettiamo di sperimentare solo con la scrittura che sappiamo non verrà letta da altri. Da qualche tempo ho cominciato a chiedermi cosa non scrivo e perché. Quante cose non scriviamo per paura di ferire chi amiamo?*
Negli ultimi anni ho disegnato di più, ho scritto sempre meno diari e, all’inizio del 2024, qualcosa è cambiato.
Mi serviva un posto per prendere appunti per questa newsletter e ho tirato fuori dalla scatola, senza grandi clamori né cerimonie, un quadernetto dalle pagine lilla, comprato durante il mio primo viaggio da grande, nel DUEMILA, al museo Mirò di Barcellona. In febbraio avevo bisogno di segnarmi le cose da fare per un progetto che ancora non aveva contorni, ho pescato un altro quaderno intonso, comprato nel 2010 a Vienna, ci ho scritto la prima lista.
* da Compagni corpi, Anna Maria Carpi in Poesie 1990-2002, Libri Scheiwiller, 2004
** Questa newsletter è stata nutrita anche da incroci fortuiti che si stanno manifestando sempre più spesso negli ultimi mesi e da riflessioni condivise: grazie quindi a questo post di
e questa newsletter diQUADERNI che ho ascoltato
Carla - Una ragazza del ‘900
di Sara Poma, 2020
Carla è la storia di uno di questi nostri custodi di memorie. È un racconto che nasce da un quaderno ritrovato, da una nipote che grazie a quelle pagine scopre la vita della nonna, da quella ragazza del 1923 che un giorno si è seduta alla scrivania e ha scritto di sé con lucidità, intensità e umorismo. La sua storia va di pari passo con la storia dell'Italia del dopoguerra ed è la testimonianza di una vita e di un'emancipazione che passa attraverso cambiamenti epocali.
Ricordo di averlo ascoltato in una giornata durante il primo lockdown e di aver provato un'immensa tenerezza per Carla, per Sara e per tutte noi scrittrici di diari.
QUADERNI che ho letto
Quaderno Proibito
di Alba de Cespedes, 1952
[...] perché tutte le donne nascondono un quaderno nero, un diario proibito. E tutte debbono distruggerlo. Adesso io mi domando dov'è che sono stata più sincera, se in queste pagine o nelle azioni che ho compiuto, quelle che lasceranno di me un'immagine, come un bel ritratto. Non lo so, nessuno lo saprà mai.
La vita di Alba de Cèspedes (1911-1997) è interessante quasi quanto le sue opere: figlia dell'ambasciatore cubano in Italia e di madre romana si divide tra l'Italia, L'Avana e Parigi, dove morirà. Scrive poesie, romanzi, soggetti per cinema, teatro, televisione e radio, prende parte come partigiana alla Resistenza italiana, fonda la rivista letteraria Mercurio, collabora con Epoca e La Stampa. Vi consiglio una bella intervista che si trova su Raiplay a questo link
Dopo anni di relativo oblio, sono stati recentemente ripubblicati da Mondadori (suo primo editore) alcuni dei suoi romanzi e io ho iniziato da Quaderno proibito.
Valeria è una donna piccolo-borghese nell'Italia degli anni '50, ha appena superato i quarant'anni quando, presa da quello che lei definisce un inspiegabile impulso, compra un quaderno nero in tabaccheria e comincia a usarlo come diario segreto, tenendolo nascosto al marito e ai figli. Le sue giornate, prima occupate dalla gestione della casa e da un lavoro d'ufficio necessario al bilancio familiare, una volta raccontate su quelle pagine private le restituiscono un'immagine di lei diversa da quella che credeva di aver costruito, più tormentata, frustrata da aspirazioni insoddisfatte e conflitti morali.
É strano: la nostra vita intima è ciò che più conta per ognuno di noi, eppure dobbiamo sempre fingere di viverla senza quasi avvedercene, con disumana sicurezza.
QUADERNI che leggerò:
Full of myself
di Siobhan Gallagher, 2024
É prevista per il 2 aprile l’uscita di questo graphic memoir scritto e illustrato da Siobhan Gallagher che nasce dai diari che l’autrice ha tenuto negli anni della sua crescita, con un’attenzione particolare all’evoluzione del rapporto con la sua immagine corporea. Io l’ho preordinato subito dopo aver visto il video qui sopra.
Cose buone che mi ha portato marzo:
Una enorme, per la quale ho fatto fatica a trovare definizioni, ma che ora esiste e si chiama Studio Foreste. Sarà uno studio di lllustrazione, mio e di Benedetta Vialli, un luogo di incontro, uno spazio di formazione artistica.
Venezia non è la città nella quale siamo nate, ma la città dove abbiamo scelto di vivere, siamo dunque entrambe foreste.
Foreste è infatti il termine col quale si indicano le persone non nate a Venezia, le persone forestiere. Ma anche Venezia è una foresta: “la città di pietre”descritta da John Ruskin, è in realtà "una sterminata foresta capovolta”. Le migliaia di pali conficcati nel sedime melmoso della laguna che sostengono i palazzi e le fondamenta sono tronchi d’albero provenienti dai boschi del Cadore, del bellunese e dell’Alto Garda. Quando passeggiamo per le calli apparentemente prive di vegetazione in realtà stiamo “passeggiando sopra un incredibile bosco alla rovescia" come lo descrive Tiziano Scarpa nel suo Venezia è un Pesce.
Una più piccola, ma rilevante nel quotidiano: ho comprato un paio di occhiali nuovi. Sono miope dalle scuole medie, ho sempre odiato avere sul naso quelle lenti che mi facevano sentire strana, addobbata, mascherata, le ho indossate il meno possibile cercando di indovinare i numeri alla lavagna e sbagliandoli spesso. Poi ho scoperto le lenti a contatto, la libertà e i contorni nitidi delle cose, ma negli ultimi mesi ho sentito il bisogno di un paio di occhiali che potessi usare abbastanza fieramente fuori casa e li ho trovati. Vediamo se riuscirò a portarli a spasso.
Io sono Valentina Merzi, mi occupo di illustrazione per libri e riviste, lavoro sull’ identità visiva di progetti personali, siti, newsletter, podcast, social e mi piace molto fare ritratti personalizzati su commissione (di solito annuncio quando apro le prenotazioni sulla mia pagina Instagram). Se non hai ancora un calendario per il 2024 puoi trovare quello che ho illustrato qui.
Questa è Telline, una newsletter di illustrazione, letture, ascolti, visioni, memorie, polaroid e gatti, scritta a Venezia. Arriverà ogni mese su questi lidi, lasciata dalla risacca. Riceverai una newsletter al mese, che rimarrà sempre gratuita.
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Grazie,
Valentina
da persona che scrive e abbandona e riprende diari da anni, mi ritrovo in alcune tue parole! grazie anche per i consigli di lettura: conosco solo Quaderno proibito (che ho amato moltissimo)
Onoratissima di aver nutrito le tue idee, grazie davvero per questo numero bellissimo che mi risuona dentro in molti modi